FEMMINICIDIO

lunedì 25 giugno 2012

Oggi all'ONU il primo rapporto sul femminicidio nel mondo

Oggi la Relatrice Speciale contro la violenza sulle donne, Rashida Manjoo, presenta a Ginevra, nell'ambito della 20ma sessione del Consiglio sui Diritti Umani dell'ONU, il primo Rapporto tematico sugli omicidi basati sul genere, femminicidi e femmicidi.
Inoltre, presenta il Rapporto sulla missione in Italia del gennaio 2012.
L'impegno speso per arrivare fin qui è stato enorme, sia a livello teorico che pratico, e questo rappresenta un risultato estremamente significativo.
Domani posterò gli approfondimenti e tutti i documenti dei lavori, per ora chi vuole può seguire i lavori in diretta qui.

Presenti alla sessione e intervenienti con interventi orali e scritti per la Piattaforma CEDAW Pangea e Giuristi Democratici  e la rete nazionale dei centri antiviolenza Di.re.

La violenza sulle donne: riconoscerla è un diritto umano

Dal Blog del Corriere "La 27ma ora"

Basso tasso di occupazione, basso tasso di reddito e crescente violenza sulle donne. L’Italia non è una paese per donne. L’effetto “titolo” è immediato, non quanto le connessioni tra la violenza e gli stereotipi che ne sono l’origine e la continuazione. Questa volta a sollevare la questione, sottolineando che l’uguaglianza di genere, per legge e di fatto, è l’elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne è l’Onu che sollecita il governo italiano a non sottostimarlo. La richiesta sarà formalizzata oggi a Ginevra durante la 20° sessione del Consiglio per i diritti umani.

Rashida Manjoo, relatrice speciale delle Nazioni Unite, presenta il Rapporto sullo stato della violenza contro le donne in Italia, le cause e conseguenze . Prevenzione, protezione delle vittime e punizione dei colpevoli sono i ritardi dell’Italia. Una violazione dei dritti umani? Di fatto, con regole poco chiare, “consente” di giungere a esplosioni di violenza che, come stiamo vedendo in questi mesi, culminano con l’uccisione di donne per il solo fatto di essere donne, il femminicidio di cui si sta occupando anche l’inchiesta della 27ora.

«Dall’inizio degli anni novanta è diminuito il numero di omicidi di uomini su uomini, mentre il numero di donne uccise da uomini è aumentato», ricorda Rashida Manjoo che oggi presenta anche il Rapporto tematico sugli omicidi di donne basati sul genere.

I numeri ormai li conosciamo: una donna su tre – in una età compresa tra i 16 e i 70 – è stata vittima di violenza. il 35% delle vittime non presenta denuncia. 63 le donne uccise da maggio a giugno di quest’anno. Il 13% aveva chiesto aiuto per stalking.

E’ un vero e proprio richiamo quello che il Consiglio per i diritti umani fa al governo italiano sollecitandolo a mettere il problema della violenza sulle donne all’ordine del giorno della politica nazionale. L’allarme che lancia non lascia dubbi:

"La violenza contro le donne rimane un problema significativo in Italia».

Affrontarlo è un «obbligo internazionale». Non a parole. Con leggi e con azioni reali. L’autorevole voce di Rashida Manjoo (ex commissario parlamentare della Commissione sulla parità di genere in Sud Africa, docente Dipartimento di Diritto Pubblico dell’Università di Città del Capo, che ha progettato sistemi e contenuto per affrontare le differenze razziali, oltre che aver insegnato diritti umani ad Harvard) chiede che l’Italia si impegni «a eliminare gli atteggiamenti stereotipati circa i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini nella famiglia, nella società e nell’ambiente di lavoro».

Anche per l’Onu non è sufficiente che le donne restino le “centrocampiste del welfare”, come le definiva Dario Di Vico in un articolo in cui si sottolineava la fatica a conciliare lavoro e famiglia con il carico di lavoro casalingo per il 77% sulle spalle.

«Le donne trasportano un pesante fardello in termini di cura delle famiglie, mentre il contributo degli uomini è tra i più bassi nel mondo», sottolinea il Rapporto. Attraverso un centinaio di punti passa in rassegna storie e dati portati a galla di volta in volta da cronache e statistiche. E mette in relazione l’incapacità di riconoscere alle donne posizioni e ruoli pari agli uomini e l’incapacità a rispondere con strumenti adeguati a proteggere le vittime. Il quadro che disegna è desolante. «In un contesto sociale patriarcale, dove la violenza domestica non viene sempre percepita come un crimine», dice nel Rapporto Rashida Manjoo, «persiste la percezione che le risposte dello stato non siano appropriate e sufficienti».

Ed è all’economia che fa appello come strumento di prevenzione. Rimuovere gli ostacoli che incidono sull’occupazione femminile, quelli che permettono la disparità retributiva. E rafforzare il sistema di previdenza sociale per superare i limiti all’integrazione delle donne nel mercato del lavoro. «La situazione economica e politica in Italia non giustifica la mancanza di attenzione e la diminuzione delle risorse per combattere la violenza contro le donne», dice la rappresentante speciale, «particolarmente oggi in un contesto in cui il numero di violenze fondate sul genere sta aumentando».

Le leggi per proteggere le vittime ci sarebbero, riconosce Rashida Manjoo. Non sono, però, sufficienti. Dipendenza economica, inchieste malfatte, un sistema di istituzioni e regole frammentato, lungaggine dei processi e inadeguata punizione dei colpevoli le rendono poco efficaci.

«Siamo seriamente preoccupati dalla sottostima del Governo italiano circa gli obblighi internazionali a proteggere le donne sopravvissute alla violenza nelle relazioni di intimità e di prevenire i femminicidi esito di questa violenza», è parte dell’intervento di Barbara Spinelli, dell’Associazione Internazionale Avvocate e Avvocati Democratici, Giuristi Democratici, che ha partecipato ai lavori di preparazione del Rapporto. E che con Simona Lanzoni, coordinatrice della Fondazione Pangea per la Piattaforma 30 anni Cedaw lavori in corso, e Titti Carrano di D.i.Re hanno elaborato il rapporto ombra della CEDAW (Convenzione per l’eliminazione di tutte le discriminazioni contro le donne), di cui si ritrovano numerosi riferimenti nel rapporto di madame Manjoo. Ci sono anche loro, oggi a Ginevra, oltre a un nutrito numero di delegati internazionali dei diritti umani, i rappresentanti del governo italiano. «Come notato dal Comitato CEDAW, in Italia persistono “attitudini socio-culturali che condonano la violenza domestica”», dice Barbara Spinelli, e «“l’alto numero di donne uccise dai propri partner o ex partner (femminicidi) può indicare il fallimento delle autorità dello Stato nel proteggere adeguatamente le donne vittime dei propri partner o ex partner».

Ritardi dell’Italia che «Contribuiscono al silenzio delle vittime», dice il Rapporto. E a lasciare che il fenomeno resti invisibile. D’altronde il “diritto” degli uomini a picchiare le donne non è arcaico. È storia dei nostri nonni. Ce ne siamo dimenticate, la legge che lo ha abrogato è solo degli anni Settanta. Trentanni fa a un marito, un padre era consentito picchiare in quanto mezzo per “correggere” il comportamento delle donne, ricorda Ileana Aesso nel Quinto Stato: Storia di donne, legi e conquiste. Dalla tutela alla democrazia paritaria. Glielo riconosceva il codice penale e civile a patto che non ne abusasse. Ma il limite poche volte era stato chiarito lasciando nel dna della società e della cultura italiana l’abuso delle botte e la “disattenzione” ai diritti delle donne.

Creare una singola struttura governativa dedicata a trattare esclusivamente la questione della parità e la violenza è la prima raccomandazione che Rashida Manjoo rivolge al governo italiano a cui la rappresentante non fa sconti. Un ministero specifico e non una seconda “carica” come quella attribuita a Elsa Fornero, più concentrata sul Ministero del Lavoro che sulle Pari Opportunità. Al governo Monti, il cui obiettivo principale «è concentrarsi sulle riforme strutturali, economiche e del mercato del lavoro, per affrontare la crisi economica nazionale», l’Onu “raccomanda” di «intervenire sulle cause strutturali della disuguaglianza di genere e della discriminazione». E di intervenire sulla violenza identificandola per esempio nella sua reale entità, riunendo i codici civile e penale, formando i giudici per rafforzare le loro competenze, sostenendo economicamente i centri antiviolenza.

Quella che Manjoo elenca è una lunga serie di “raccomandazioni” che dovrebbero illuminare politiche più attente. « Dovrebbero spingere il governo ad attivarsi al più presto», dice Simona Lanzoni di Pangea. «L’insieme delle raccomandazioni offre un buon impianto al governo per sviluppare una politica reattiva. Tra le più urgenti affinché si riconosca il reale peso e si facciano leggi di conseguenza c’è la raccolta omogenea dei dati. Vitali come l’invito a ratificare la Convenzione di Istanbul per la prevenzione della violenza, la protezione delle vittime e la condanna dei colpevoli. Avrebbe dovuto essere firmata ad aprile. Ma il governo è silente». Ci sarebbero tutti i pilastri perché le istituzioni insieme alla società civile rielaborassero il Piano nazionale contro la violenza che deve essere fatto entro il 2013. «Non considerare queste urgenze, che ora sono sostenute anche dall’Onu, significa diminuire lo sviluppo del paese». Finché non si considera la violenza sulle donne un costo economico che erode il pil e l’economia, oltre che le’equilibrio della socità, sostiene Simona Lanzoni, l’Italia riuscirà a garantire i diritti solo a metà.

Difficile per una donna che ha subito maltrattamenti in casa tornare al lavoro il giorno dopo. La vergogna di mostrare i segni. Come potrà procurarsi un certificato medico? E quanto tempo impiegherà a tornare ad avere un redito? Come non farla sparire nell’economia sommersa? Anche a queste domande risponde il lungo rapporto, risultato di una missione conoscitiva di Rashida Manjoo, la prima del genere in Italia, durante la quale ha incontrato la corte di Cassazione, rappresentanti dei Tribunali, della polizia di Stato e del corpo dei Carabinieri, visitando pronto soccorso, centri antiviolenza e case rifugio. Oltre ad aver raccolto le testimonianze di donne vittime di violenza e di esponenti di associazioni che sulla dignità, la violenza e il femminicidio lavorano.

«Per la prima volta è stato presentato alle Nazioni Unite un rapporto tematico sul femminicidio, o meglio sugli omicidi basati sul genere, femmicidi e femminicidi», dice Barbara Spinelli. «Si tratta di un evento epocale, che costringe i Governi di tutto il mondo a confrontarsi con la propria responsabilità per quello che Amartya Sen ha definito “il genocidio nascosto”. Nel Rapporto la Relatrice Speciale afferma che culturalmente e socialmente occultate, queste diverse manifestazioni degli omicidi basati sul genere continuano a essere accettate, tollerate o giustificate, e l’impunità è la regola. Con riguardo agli omicidi basati sul genere, è veramente carente l’assunzione di responsabilità da parte degli Stati nell’agire con la dovuta diligenza per la promozione e protezione dei diritti delle donne». Il Rapporto contiene anche dati sul femminicidio in Italia e in Europa. «Sono estremamente onorata di aver contribuito, unica europea, ai lavori che hanno portato alla stesura di questo Rapporto», conclude Barbara Spinelli rilanciando l’attivismo delle associazioni. Per loro e per la società civile, il Rapporto rafforza idee e azioni. Non si conoscono ancora le reazioni del governo.