FEMMINICIDIO

lunedì 17 agosto 2009

Per ricordare le donne che ogni giorno vengono uccise "in quanto donne"

Brevi considerazioni sulla violenza sulle donne in Italia
di Claudio Esposito
Secondo gli ultimi dati ISTAT, oltre 6 milioni di donne dai 16 ai 70 anni d’età hanno subito una violenza sessuale o fisica. E le rilevazioni ISTAT mostrano che la maggior parte delle violenze fisiche, degli stupri, o dei rapporti sessuali imposti, vengono commessi dai mariti, compagni, o ex partner. Infatti, le violenze fisiche sono opera del partner nel 62,4% dei casi; le violenze sessuali (senza considerare le molestie) sono anch’esse commesse dal partner nel 68,3% e gli stupri nel 69,7% dei casi. Per quanto riguarda lo stupro in senso stretto, soltanto il 6,2% è commesso da estranei. Appare quindi evidente e incontrovertibile che la stragrande maggioranza delle violenze più gravi subite dalle donne è opera di partner italiani sani (almeno apparentemente) e non stranieri, tossicodipendenti o malati, come invece spesso sostenuto dagli organi di informazione.
Il Consiglio d’Europa ha affermato che la violenza domestica è la più rilevante causa di morte e invalidità per le donne tra i 16 e i 44 anni d’età, con un’incidenza maggiore di quella causata dai tumori o dai sinistri automobilistici (”Domestic violence against women”, in “Raccomandazione 1582 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa”, adottata il 27 settembre 2002).
Il rapporto sulla criminalità in Italia, redatto dal Ministero dell’Interno nel 2007, rende noto che il 74,2% degli omicidi di donne avvengono in famiglia. Inoltre, a partire dagli anni ‘90, il numero totale degli omicidi si è ridotto ad un terzo, ma il numero di omicidi in famiglia, che hanno quasi sempre donne come vittime, è raddoppiato.
In Europa, come anche in Italia, si comincia a parlare di “Femminicidio”: la donna cioè viene uccisa o violata in quanto donna, o perchè non è la donna che l’uomo o la società vorrebbero che fosse. In altre parole, la donna e la sua emancipazione, dopo le conquiste degli anni ‘60-’70, sono ora in qualche (atroce) misura “punite”, in una sorta di vendetta familiare, come se arcaiche e barbare condotte maschiliste originate nella notte dei tempi tornassero, in una inconscia, micidiale nemesi vendicativa.
E la violenza domestica, purtroppo, è ancor oggi un fenomeno molto sommerso: nella quasi totalità degli episodi le violenze non sono denunciate. Il sommerso è elevatissimo, circa il 93%. E durante il 2006 solo il 7,3% delle violenze in famiglia è stato denunciato alle Forze dell’Ordine. Speriamo vivamente che questo trend possa andare al più presto nella direzione opposta, rendendoci conto che la violenza domestica è un fenomeno assai complesso e richiede un massiccio intervento trasversale su parecchi livelli: sociale, educativo, politico, economico, giuridico, legislativo, sanitario e assistenziale. Soltanto in questo modo si potrà instaurare una cultura differente, e rendere più concreta la prospettiva di un sistema di relazioni più maturo, serio e sereno tra il genere femminile e quello maschile, all’insegna della civiltà, delle pari opportunità, del ripudio di ogni forma di discriminazione basata sul sesso, e della repressione delle violenze fisiche e sessuali contro le donne.
Cito, tra le tante norme, l’articolo 3 della Costituzione italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso…”; la legge 10 aprile 1991 n. 125, sulla parità effettiva uomo-donna nella formazione scolastica-professionale e nel lavoro; la legge 15 febbraio 1996 n. 66, contro la violenza sessuale, per la libertà sessuale e l’inviolabilità del corpo; la legge 4 aprile 2001 n. 154, che fissa misure più severe contro la violenza nelle relazioni familiari, prevedendo l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o convivente violento e l’ordine di protezione contro gli abusi in famiglia.

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